statistiche web

Unfinished Sonata in d major
​Biamonti 213

il manoscritto


Il manoscritto è conservato presso il British Museum di Londra.

Forse poco prima di partire per Vienna o forse già a Vienna, Beethoven lasciò questo lungo abbozzo per pianoforte che prefigura una Sonata con tre movimenti, un Allegro quasi completo, un Andante che lo è già un po’ meno e un Finale Allegro, assai frammentario. Si tratta di musica di alto livello e, se fosse stata completata, si potrebbe affermare che senza dubbio è quanto di più importante Beethoven aveva raggiunto, nella musica per pianoforte solo, fino a quel momento.
​Si tratta di musica di alto livello e, se fosse stata completata, si potrebbe affermare che senza dubbio è quanto di più importante Beethoven aveva raggiunto, nella musica per pianoforte solo, fino a quel momento.


La domanda che sorge spontanea è dunque: perché Beethoven lo lasciò in questo stato e non lo terminò o riprese in tempi successivi, come avvenne per altre musiche? Ovviamente non si può avere alcuna risposta certa, ma non si può non notare che, se l’insieme dell’abbozzo svela un Beethoven già più avanti, musicalmente parlando, rispetto alle sue opere contemporanee di almeno 10 anni, nel Finale, assai frammentario ed instabile da un punto di vista armonico potrebbe  proiettarsi addirittura, verso i suoi massimi capolavori degli ultimi anni. Forse fu per questo motivo che l’abbozzo rimase tale: troppo prematuro per i tempi.

fonte www.lvbeethoven.it

eight variation Anhang 10

Il testo a cui, secondo il titolo, apparterrebbe il tema posto a base di queste Variazioni, era stato pubblicato, con il titolo “An Solly”, nel 1775 nel periodico Iris, edito da J. G. Jacobi. Ad esso furono adattate varie melodie di carattere popolare, che il Friedländer riporta nella sua opera: Das deutsche Lied im 18 Jahrhundert, 1902, pag. 63. Ma secondo questo stesso autore il tema dell’opera di Beethoven non deriverebbe da nessuna delle melodie suddette; potrebbe piuttosto considerarsi come una variante della nota aria: “Vetter Michel” (Il cugino Michele), svolta nella forma di variazioni per cembalo da vari compositori (ibid., pag. 77), e riportata nel Musikalischer Hausschatz der Deutschen di G. M. Fink (1819, n. 86). Questa forma si avvicina molto al tema in oggetto, il quale del resto ricorda anche un po’ quello della canzone di Johann Friedrich Reichardt (1752-1819) sulle parole appunto di Gleim: “Ich habe ein kleines Hüttchen nur”.

Sia per l’inesatta indicazione dell’origine del tema che per la considerazione del debole contenuto interiore della elaborazione beethoveniana, il Friedländer affacciava qualche dubbio riguardo alla rigorosa autenticità delle Variazioni in oggetto; sull’argomento, trattandosi anche qui di un manoscritto della « successione Beethoven », pubblicato vari anni dopo la sua morte, (come quello del Rondò del soldo perduto vedi n. di cat. 162), si potrebbe oggi tornare a far congetture dello stesso genere.

fonte www.lvbeethoven.it


Rondo Anhang 6

Il testo a cui, secondo il titolo, apparterrebbe il tema posto a base di queste Variazioni, era stato pubblicato, con il titolo “An Solly”, nel 1775 nel periodico Iris, edito da J. G. Jacobi. Ad esso furono adattate varie melodie di carattere popolare, che il Friedländer riporta nella sua opera: Das deutsche Lied im 18 Jahrhundert, 1902, pag. 63. Ma secondo questo stesso autore il tema dell’opera di Beethoven non deriverebbe da nessuna delle melodie suddette; potrebbe piuttosto considerarsi come una variante della nota aria: “Vetter Michel” (Il cugino Michele), svolta nella forma di variazioni per cembalo da vari compositori (ibid., pag. 77), e riportata nel Musikalischer Hausschatz der Deutschen di G. M. Fink (1819, n. 86). Questa forma si avvicina molto al tema in oggetto, il quale del resto ricorda anche un po’ quello della canzone di Johann Friedrich Reichardt (1752-1819) sulle parole appunto di Gleim: “Ich habe ein kleines Hüttchen nur”.

Sia per l’inesatta indicazione dell’origine del tema che per la considerazione del debole contenuto interiore della elaborazione beethoveniana, il Friedländer affacciava qualche dubbio riguardo alla rigorosa autenticità delle Variazioni in oggetto; sull’argomento, trattandosi anche qui di un manoscritto della « successione Beethoven », pubblicato vari anni dopo la sua morte, (come quello del Rondò del soldo perduto vedi n. di cat. 162), si potrebbe oggi tornare a far congetture dello stesso genere.

fonte www.lvbeethoven.it



Trio in d major 

Il Trio di Francesco Cilea è opera di un compositore non ancora ventennte ma che già iniziava ad esprime, con grande forza e vigore espressivo, il suo temperameto artistico.

Il nome di Francesco Cilea, vissuto tra il 1866 e il 1950, è legato alla tradizione operistica e al bel canto. Eppure Cilea è stato anche un interessante compositore di musica per orchestra, per pianoforte e da camera. E' proprio sul suo repertorio cameristico che si sofferma l'attenzione del M° Massimo Anfossi, pianista e appassionato studioso, che ci accompagna alla scoperta di pregevoli pagine di musica pressoché dimenticate.

 Nel podcast la sua esposizione si alterna a proposte di ascolto tratte da un cd dedicato proprio alla musica da camera di Francesco Cilea, interpretata dallo stesso M° Anfossi al pianoforte assieme a Mario Vassilev al violino e a Giulio Glavina al violoncello.

Nel podcast la sua esposizione si alterna a proposte di ascolto tratte da un cd dedicato proprio alla musica da camera di Francesco Cilea, interpretata dallo stesso M° Anfossi al pianoforte assieme a Mario Vassilev al violino e a Giulio Glavina al violoncello.

Ascolta il pod cast dedicato alla figura ed all'opra di Francesco Cilea su Venice Classic Radio